Belmonte
Mezzagno
(provincia
di Palermo)
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storia
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Al tempo della nuova licentia populandi il territorio di Belmonte volgarmente chiamato feudo Minzagno era costituito dalle contrade Cannizzola, Finocchiara, Montagnoli e Iazzermo, dal feudo di S. Caterina e dal loco di Pitrosino. |
- La famiglia Afflitto | ||||||
- La famiglia Ventimiglia | |||||||
- La nascita di Belmonte | |||||||
- Origine del centro abitato | |||||||
- Origine del nome | |||||||
I luoghi più coltivati erano quelli che costeggiavano I due torrenti che attraversavano il feudo. Il territorio era privo di insediamento urbano. Vi erano poche case sparse nei luoghi di maggiore interesse per le coltivazioni: nel "loco di Pitrosino", in contrada Cannizzola ed in contrada Finocchiara. Poco distante in contrada Placa vi era un baglio di case che come detto prima, pare fosse stato costruito al tempo degli arabi. Da notare che allora il luogo della Placa non faceva parte dei feudo del Minzagno così come il feudo del Casale. Riguardo agli insediamenti sopra accennati e' chiaro che non si trattava di case nel senso moderno in cui lo adoperiamo oggi; bensì erano piuttosto delle stanze nelle quali i contadini potevano ripararsi durante le giornate di pioggia o potevano mettervi gli attrezzi da lavoro compresi gli animali come il mulo o la giumenta. Sotto i piedi del Bosco del Minzagno vi era la sede baronale della famiglia Afflitto fatta costruire molto probabilmente da Marchisio. La forma di tale edificio era quella di un castello con due torri, come risulta da una cartina risalente alla metà del settecento. Di tale edificio era rimasto fino a circa trenta anni fa una parente dove era possibile vedere lo stemma marmoreo della famiglia Afflitto: uno scudo d'oro e azzurro, con una palma sradicata verde accostata da due pavoni addossati e, con la testa rivolta verso di essa. L'edificio baronale venne costruito nell'attuale Piazza Martiri d'Ungheria chiamata "u Bagghiu" dove sorse il primo insediamento urbano di Belmonte. Il luogo era il più adatto poiché accanto alla sede baronale passava il torrente Ianselmo, dal quale i contadini potevano trarre l'acqua indispensabile per oro sostentamento. Il Baglio quindi fu il primo vero insediamento urbano di Belmonte. Non si sa di preciso il periodo della sua costruzione; è molto probabile che risalga a quella della sede baronale cioè intorno al 1625, poco prima che Marchisio Afflitto chiedesse la licentia populandi. La leggenda popolare narra invece che la sua costruzione sia stata opera degli arabi e che quindi molto probabilmente sia stata successivamente adoperata e ristrutturata dagli Afflitto per farne la loro sede. Ma qualunque sia la sua origine è certo che il baglio costituisce il nucleo originario di Belmonte, ma dal quale il Principe si distaccò nella costruzione del nuovo centro urbano. Dentro ed attorno al Baglio vivevano i contadini censiti dal sacerdote Grasso intorno al 1750, cioè poco prima che venisse chiesta la seconda licentia populandi. Secondo tale censimento la popolazione di Belmonte era formata da 184 persone, distribuite in 38 famiglie. I maschi erano 98 mentre le femmine erano 86. le famiglie erano distribuite in sette strade per un totale di 64 case. Il fatto che tale nucleo fosse presente prima del 1752 ci porta a pensare che il Principe G.E> Ventimiglia abbia iniziato la colonizzazione del paese prima della richiesta della seconda licenza populandi; d'altra parte la prima licenza aveva ancora i suoi effetti, considerato che Belmonte sulla carta risultava essere una cittadina già costruita, tanto da consentire al suo proprietari di avere gli onori del principato. La seconda licenza veniva a rafforzare i diritti del principe sui contadini che andavano ad abitare nella "nuova" città. Poco distante dal Baglio Giuseppe Ventimiglia si fece costruire nel 1752 la Chiesa Madre, completata dopo quattro anni di duro lavoro ed eretta canonicamente il 26/02/1756. La spesa affrontata dal principe per la costruzione della chiesa fu di 50.000 ducati che secondo Nicotra nel 1907 equivalevano a £. 183.000. La maestosità dell'edificio ci mostra l'importanza data nel 1700 dai nobili siciliani alla costruzione di edifici religiosi per la propria autoglorificazione. Nel 1776 il principe fece porre nel prospetto della chiesa due lapidi in marmo dove si legge: D.O.M. JOSEPPUS EMMANUEL VENTIMILLIUS NORMANNUS SVEVUS ARAGONEUS UT ARAM HUIUS TEMPLI PROPRIO AERE EXTRUCTI SACRIS QUOTIDIE QUATOR DEO O.M. LITETUR PERPETUO INSTITUT. QUAE ANIMABUS CARISSIMIS MARIAE ANNAE STATELLAE MATRIS OP'I'IMAE ET ISABELLAE ALLIATAE CONIUGIS DULCISSIMAE SIBIOUE EXTREMA PRAEVIDENTI AC POPULI IIUIUS RELIGIONI ESSENT PROFUTURA A Dio Ottimo Massimo, Giuseppe Emanuele Ventimiglia, Normanno, Svevo, Aragonese. Perché ogni giorno si celebrassero i Sacri Misteri a Dio Ottimo e Massimo all'altare di questo tempio costruito nel proprio feudo, in perpetuo istituì. Affinché le verità fossero di giovamento alle anime carissime di Maria Anna Statella ottima Madre e di Isabella Alliata dolcissima coniuge, a se stesso e alla religione di questo popolo. Nell'altra lapide si legge: D.O.M. JOSEPHUS EMMANUEL, VENTIMILLIUS COMES ALBINTEMELII, GOLISANI GRATTERI, LASCARIS ET SANCTI STEPHANI PRINCEPS BELLIMONTIS EX PRIMO MAGNATUM HISPANORUM ORDINE EQUES SANCTI IANUARI POST TERTIAM IN URBE PANORMITANA QUESTURAM MALEFICTORUM ALTERAMQUE PRAETURAM TERTIO XII = VIR REGNI CURATORUM REGIUS AD VENETUS SOLEMNITER LEGATUS REGI CAROLO A CUBICOLO. DOMUS REGINAE CAROLINAE DEINDE RECIS FERDINANDI SUPREMUS PRAEFECTUS OPPIDO AEDIFICATO, INCOLIS ACCITIS TEMPLUM A FONDAMENTIS EXCITAVIT A.D. MDCCLXXVI A Dio Ottimo Massimo. Riseppe Emanuele Ventimiglia, conte di Ambitemeli, di Gratteri, di Lascari e di Santo Stefano. Principe di Belmonte, cavaliere di San Gennaro del primo Ordine dei Grandi di Spagna, tre volte questore e due volte pretore nella città palermitana, uno di dodici pari del regno, ambasciatore regio ai veneti, supremo prefetto dei Re Carlo dalla nascita, della casa della Regina Carolina e quindi del Re Ferdinando, edificata la città, accolti gli abitanti, questo tempio innalzo dalle fondamenta. Anno del Signore 1776. La chiesa è collocata nella parte superiore della piazza principale dei paese. Ha una superficie di 200 mq e la facciata si innalza per quasi 30 metri. Ha un prospetto a tre porte delle quali soltanto quella centrale immette direttamente sul vano chiesa ad unica nave. All'interno, nelle pareti laterali, troviamo due grandi tele raffiguranti una Santa Rosalia e l'altra la Sacra Famiglia: ambedue tele vengono attribuite alla scuola di Pietro Novelli. Nella parete sopra l'altare Maggiore troviamo attaccato al muro un grande Crocifisso donato alla Chiesa dallo stesso principe. Questo è il più grande dei tre Crocifissi fatti scolpire da G.E. Ventimiglia e donati rispettivamente alle chiese di Belmonte, Santo Stefano di Quisquina e Gratteri. Dietro la chiesa venne costruito un grande serbatoio d'acqua per il rifornimento idrico del paese chiailiato Stagnone. Durante il processo di costruzione del paese, lento e difficoltoso i1 principe ebbe pieni poteri. Egli stabilì le regole del vivere sociale e regolò l'economia del piccolo paese fissando i prezzi e la quantità dei prodotti da vendere siano essi di natura agricola che animale. Pene severe, soprattutto di tipo economico erano previste per i trasgressori. Al settore dell'edilizia dedicò particolare cura. Le case cominciarono ad essere costruite attorno alla chiesa secondo uno schema urbano attentamente prefigurato con l'ordinatura regolare per assi ortogonali con piazza centrale. Infatti era lui stesso che decideva dopo una accurata perizia fatta da un Perito di sua fiducia, se un contadino poteva costruire una strada o una casa. Tutto veniva svolto soltanto con il permesso del principe. Altre perizie erano fatte continuamente dallo stesso principe per controllare lo stato nel quale venivano tenuti i terreni concessi da lui in enfiteusi. A volte succedeva che un contadino non riusciva a badare al terreno concessogli. In questo caso il principe poteva decidere anche di cacciare dal terreno il contadino anche se questi aveva già costruito nel terreno una casa dove abitava con la sua famiglia. I contadini erano tenuti a pagare puntualmente le spettanze dovute per 1'affitto del terreno. Il pagamento avveniva nei primi anni della vita del comune in natura principalmente con frumento ed orzo. Successivamente nella prima metà dell'ottocento comparve il denaro. Prima dei 1808 i canoni d'affitto dei terreni erano uguali per tutti, dal marzo del 1808 Il principe, indignato dal fatto che molti contadini avevano abbandonato i terreni pur essendo di ottima qualità dispose che il canone di affitto doveva variare a seconda della qualità del terreno. Spesso succedeva che alcuni contadini non volevano pagare le spettanze dovute al principe. In tali casi il principe faceva intervenire il giudice civile; se invece il reato commesso era più grave (es. furto di legname) il principe faceva intervenire il giudice criminale,il quale poteva disporre dell'arresto del contadino. Le carceri a Belmonte erano un vero rompicapo per il principe. Molto spesso venivano abbandonate o per mancanza di detenuti o per mancanza di personale addetto. Ma ogni volta che qualcuno veniva arrestato nasceva il problema del loro rifacimento. Problema che doveva essere risolto dal principe. Soltanto nei primi anni del 1800 il carcere a Belmonte avrà un'organizzazione definita. Infatti i ministri della Regia Giunta delle carceri in una lettera datata 7 novembre del 1802 ordinarono all'amministrazione del comune "di prendere le più efficaci provvidenze per il rifacimento delle carceri". Inoltre dovevano essere eletti dei custodi i quali dovevano godere di "buona fama e ben visti dalla corte locale". Essi dovevano abitare in una stanza "attaccata alle carceri". Solo in tal modo era possibile secondo i ministri della Regina Giunta delle Carceri rimediare alle continue fughe dalle carceri che rendevano vana ogni azione condotta nel rispetto della giustizia. Nei primi anni di vita del comune l'amministratore del principe ebbe un ruolo importantissimo per quanto riguarda la gestione del comune: egli era 1'intermediario tra il Principe che risiedeva a Palermo ed il giovane Comune. Così con la lontananza del principe talvolta l'amministratore si assumeva poteri che non gli erano dovuti. Dalla fine del 1700 la figura dell'amministratore comincia a perdere importanza. Ciò fu dovuto a diversi motivi. Innanzitutto nel luglio del 1799 il Principe fece costruire la sua casina; in questo modo ebbe modo di seguire più spesso e più da vicino la vita del comune. In secondo luogo dalla fine del 1700 il comune comincio ad avere un corpo ben definito e stabile al capo del quale vi era il sindaco. Nel 1799 il sindaco del comune di Belmonte era mastro Francesco Di Giorgio che probabilmente era una delle poche persone che sapeva leggere e scrivere. Accanto al sindaco operava la Corte Capitaniale comprendeva oltre al capitani che esercitavano funzioni di polizia anche i giudici, i giurati e gli ufficiali fiscali. Capitano della Corte Capitaniale nel 1799 era Giuseppe La Rocca. Una tale composizione amministrativa durerà fino al 1820 quando con i moti il potere del principe subirà un ridimensionamento. |